quest'inverno si sta chiudendo, e con lui i pomeriggi in casa per troppo vento, troppo freddo, troppa pioggia, troppa tosse...
gli inverni sono una stagione difficile per i bambini: dura e piena di impossibilità, chi c'aveva mai pensato prima?! che sia per le condizioni atmosferiche o perchè non stanno bene, la gran parte dei giorni invernali vengono trascorsi tra le quattro mura (con una buona dose di stress anche per le mamme!)
quest'inverno è stato inoltre, per noi, un duro banco di prova per il nostro rapporto a tre (mio con i bambini).
in qualunque tipo di relazione, tre è un numero difficile. i rapporti a tre creano necessariamente e in modi alterni degli squilibri. perchè in realtà sono costituiti da innumerevoli e intercambiabili rapporti a due, in cui è la forza del terzo, che per quel momento rimane fuori, a determinare la buona tenuta del trio. questo sarebbe tra adulti.
tra un adulto e due bambini le cose ovviamente cambiano, in modo destabilizzante almeno per me! sono troppo piccoli per non volersi confermare continuamente in una relazione diretta con l'adulto, troppo piccoli per non considerare il loro valore in virtù dell'attenzione che l'adulto gli presta, e anche fratelli con una gelosia ancora aperta e quindi in competizione. di conseguenza la tenuta del trio corrisponde, in buona sostanza, con la tenuta della mamma!
è vero che pietro ha già due anni, quindi questo rapporto a tre vive da un pò, ma da quest'anno ha cambiato completamente forma, forse proprio perchè è adesso che pietro c'è davvero, come personcina con un carattere e una capacità di chiedere.
quando nacque, ebbi già dei problemi a dividermi tra loro due in modo equilibrato.
i primi 20 mesi con matteo li avevamo sostanzialmente trascorsi noi due soli, non avevo aiuti e il mio compagno tornava la sera. furono mesi caratterizzati da quel fortissimo senso di
appartenenza tra madre e figlio, quella sensazione che ti invade
nelle giornate trascorse insieme da mattina a sera. giornate
piuttosto silenziose, in uno strano rapporto a due: non sei solo, ma
lo sei. perché certo non puoi metterti a fare discorsi con un
bambino di 6 mesi, 1 anno, 1 anno e mezzo. ma non sei in compagnia
per come sei abituato.
non parli molto, qualche ga-ga o prima parola
storpiata sono i suoni che più spesso rompono il silenzio. un
silenzio invece pieno di sguardi, intenso, pieno di sorrisi, di occhi
che parlano. una strana sospensione del tempo, in cui ti senti come
nel corpo di due esseri contemporaneamente, una sensazione che si
diluisce man mano nelle settimane, nei mesi.
lui non andava ancora
all’asilo e io avevo voluto essere una mamma che rimane a casa con
lui, che non conoscevo ancora ma che già amavo più di tutto. mi sono catapultata nell’essere mamma senza sapere ancora bene che significasse:
sapevo solo che non avrei voluto essere in nessun altro posto, che volevo tutto il meglio per lui, e che il mio corpo era ancora legato al suo. ma non sapevo altro, che il suo pianto mi avrebbe fatto sentire impotente, che i suoi orari serrati mi avrebbero stremato, che
avrei avuto così tanto sonno da pensare a volte di non farcela.
ma poi ce l'ho fatta. mi sono "riequilibrata" sul nuovo assetto, nel quale volevo proprio immergermi: non
volevo farlo entrare nella mia routine, ma volevo crearne una nuova.
avere il tempo completamente a disposizione per conoscerci.
poi matteo ha iniziato
a parlottare, a camminare meglio permettendomi di fare qualche
passeggiata senza passeggino, ad andare all’asilo; abbiamo
iniziato a giocare a giochi a cui potevo partecipare più attivamente
anch’io, che non ero più un interprete silenzioso dei suoi
desideri. abbiamo iniziato a comunicare in un modo più complesso e
in movimento, e tutto si è trasformato ancora, semplificandosi e in un certo modo gratificandomi di più.
poi è arrivato pietro, un altro cambiamento. quel semplicissimo rapporto a due, oramai
super - rodato, fatto di equilibri armonici, di intesa e ancora di
sguardi e sorrisi, ha dovuto ritararsi. la comunicazione quasi
empatica è stata interrotta ed io mi sono sentita di nuovo divisa.
questa volta non più tirata tra il mio spazio ed il suo, ma tra il
nostro (mio e di matteo) e il nostro (mio e di pietro).
facevo fatica a ritrovare un equilibrio. a lasciare matteo nel suo
disagio, nella sua confusione, nel suo sentirsi destabilizzato, e a
non dare a pietro quell’esclusività che invece avevo vissuto con
matteo, ricreare quel tempo silenzioso fatto solo di sguardi. il
silenzio era finito. il parlottare diventava man mano chiacchierare
(a suo modo ma con estrema determinazione), sono iniziati i capricci
anche perché i due anni sono proprio l’età in cui iniziano e poi
l’arrivo del fratello certo non aiutava.
mi ricordo una giornata
orribile. pietro aveva solo 3 mesi e matteo aveva iniziato un
capriccio interminabile perché non voleva cambiarsi il pannolino. di
regola, dopo il primo strepito isterico, lo avrei messo giù dal
fasciatoio e lo avrei lasciato a calmarsi da solo, senza ulteriori agitazioni: sguardo altrove e
tentativo di fare caso il meno possibile alle urla disperanti e
disperate. di regola funzionava. ma adesso tutto era cambiato:
matteo non aveva mai avuto reazioni così esasperate ed io ero un po’
logorata dal conflitto di cui sopra, e stanca. così, invece di metterlo giù
dal fasciatoio ho insistito, finché lui non ha messo tutto se stesso
per opporsi, divincolandosi come un anguilla ed io ho perso le staffe
e gli ho dato la prima sculacciata. sono stata malissimo, anche
nelle ore successive. ho capito il mio limite, l’ho toccato, e ho
capito che qualcosa andava rivisto. dovevamo essere in tre: dovevo
permetterci di esserlo, senza frustrare più ricerche di rapporti a
due e accettando il cambio di rotta. questo poteva aiutare matteo a
farsi una ragione del nuovo arrivo, trovando lui stesso un nuovo
equilibrio, con un po’ di sofferenza ma necessaria, e dare a me una
maggiore serenità per vivermi pietro nella maniera più completa
possibile. quella possibile.
questo accadeva 2 anni fa. e oggi mi ci ritrovo ancora una volta. con dinamiche differenti ma lo stesso senso di difficoltà. dividermi: questo è il mio problema.
i bambini sono egocentrici, giustamente. chiedono senza freni e senza inibizioni l'ascolto del loro desiderio. sono tenaci e si riflettono nel genitore come fosse uno specchio. sanno essere molto competitivi senza calibrare il tono e l'insistenza. sono bambini, senza misure e incontenibili.
sia chiaro, mi piacciono i bambini un pò "tornado", quelli che fanno i bambini insomma, non contenuti e giustamente in contatto con i loro bisogni, forse perchè io da piccola ero l'opposto e tutti pensavano che fossi "una brava bambina", invece ero solo molto inibita. i bambini non vanno inibiti, vanno educati, ma ogni cosa ha una giusta età. penso spesso alla famosa frase di donald winnicott su "una madre sufficientemente buona", che sappia cioè gratificare e frustrare il proprio figlio nella stessa misura, così da educarlo ma lasciarlo libero di essere se stesso. è un equilibrio difficile da trovare. quando sono due, così vicini eppure così lontani di età, con necessità e capacità diverse, rimanere calma e gestire con la giusta attenzione ogni loro istanza... non ci riesco. so che forse mi chiedo troppo, ma quando vedo uno sguardo vacuo, lontano, un pò malinconico, la chiusura...mi si stringe il cuore, perchè so che è anche il mio andare in panico certe volte a "frustrarli", ma non è quella la giusta frustrazione.
un passo però l'ho fatto. ho cercato di mettere a fuoco quello che più mi manda in tilt. l'ho riconosciuto: è quando mi parlano, anzi mi urlano, tutti e due quello che vogliono, vorrebbero fare, sapere... e ho messo una regola: si parla uno alla volta, senza gridare e avendo pazienza. matteo mi ha detto "mamma, ma come si fa ad aspettare?!". gli ho risposto: "si fa perchè non c'è un altro modo. perchè ho solo due braccia e solo una testa per pensare".
questo sistema mi aiuta se non altro a non andare in crisi, forse quello che riesco a fare, o che non riesco a fare, resta invariato. ma almeno rimango col sorriso!