Qualche giorno fa sono andata a prendere Matteo all'asilo insieme al piccolo. Come sempre accade quando lo porto con me, chi ci apre la porta lo invita ad accompagnarlo per andare a chiamare il fratello, ma in genere Pietro è piuttosto scettico: inizia ad avventurarsi all'interno e dopo qualche passo torna indietro non troppo convinto della distanza che ci separa e del dedalo di stanze e corridoi da attraversare. Ma questa volta è andata diversamente: forse perché il fratello era in giardino all'aria aperta quindi uno spazio più invitante e controllabile, dopo qualche iniziale resistenza Pietro si è convinto. La signora lo ha lasciato andare da solo indicandogli dove fosse il fratello e lui si è incamminato. Ha attraversato la porta a vetri, superato da solo tre grossi gradini di pietra (che io avevo le palpitazioni perché non c'era corrimano!), sempre guardando avanti verso il cerchio di bambini seduti che seguivano un piccolo spettacolo. Io, la signora e un'altra mamma lo osservavamo da lontano stupite da tanta determinazione per un bimbo di 1 anno e 10 mesi. Ma lui continuava ad avanzare, forse attratto dai colori dei personaggi travestiti, forse dalla cerchia dei bimbi attenti a guardare seduti sotto gli alberi. Quando è finalmente arrivato, con la sua mini e instabile falcata, ha avuto un attimo di esitazione: non sapeva cosa fare. Una maestra lì ha avvisato Matteo, che ha attraversato il palco ed è andato a prendere il fratellino: lo ha preso per mano e lo ha accompagnato sulla sua sediolina, se l'è messo in mezzo alle sue gambe tenendogli le mani e insieme hanno finito di seguire lo spettacolo. Dopo poco lo spettacolo è finito e li ho visti tornare mano nella mano. Pietro all'ultimo gradino è caduto (per fortuna non al primo!) e Matteo è corso dentro a chiamarmi: “mamma, Pietro è caduto!”. “è caduto per le scale?”, gli ho chiesto. “nooo, solo un gradino: io gli tenevo la mano!”
Mi si è veramente scaldato il cuore guardando i pochi minuti di tutta questa scena. Non solo per la tenerezza infinita, la dolcezza e la solidarietà che sanno esprimere due esseri così piccoli (3 anni e 10 mesi, Matteo....sono nati quasi lo stesso giorno!), ma anche per il significato che ha direttamente per me. Mi sono impegnata molto affinché l'iniziale, normale e terribile gelosia del primo non pregiudicasse il loro rapporto. Volevo che si conoscessero nel modo più diretto possibile, senza di noi come costante filtro. Che si “scornassero” pure, ma che vedendosela tra loro fossero costretti a trovare un modo. Ho osservato, riflettuto, penso di poter dire “lavorato” molto, su di me in primis, nel corso di quei mesi lunghi e pesantissimi in cui Matteo era in crisi. Oramai è passato diverso tempo, direi che è già da prima dell'estate che noto un grosso cambiamento nei nostri e nei loro equilibri. Matteo mi sembra essere tornato alla sua serenità, con noi e con Pietro; penso che sia riuscito a farsi una ragione positiva dell'arrivo del fratello, che ne sia contento in qualche modo. Ultimamente ho potuto osservare molte situazioni che mi hanno comprovato l'assenza di un conflitto profondo (qualche conflittuccio si, ma sono bambini, che giocano e litigano), cosa che in realtà noto in molte coppie di fratelli e che mi terrorizzava. Ma questa è stata la più forte. Forse perchè erano da soli e quindi non condizionati dalla mia presenza, soli nel loro tenersi per mano, nel loro percorso per tornare indietro: solo loro a doversi relazionare fra di loro, con il loro modo. E hanno scelto questo. Bello, no?